martedì 12 febbraio 2019

Riflessione/sfogo libero sul degrado musicale - trap, punk, rock, etc.

Ho provato a farla, una ricerca neutra sulla trap. Nel motore di ricerca ho inserito parole chiave come “che ne pensate della trap”… Cose così. Tra i risultati in anteprima non mi è uscito nessun articolo con un messaggio veramente critico del fenomeno. Ho dovuto faticare, arrivare al 20esimo risultato o giù di lì, per vedere affiorare un articolo di Magdi Allam, il cui titolo è “bisogna salvare i nostri figli dalla trap che corrompe i giovani”…
E niente che abbia un simile incipit può essere preso come serio spunto di riflessione.
A maggior ragione se proviene da uno che in casa ha l'altarino votivo per Oriana Fallaci.

Ad ogni modo, in cima a tutti i risultati di ricerche su sta cacchio di trap esce sempre questo articolo:
“Se vi fa schifo la trap, sono d’accordo con voi. Ma avete rotto il cazzo” ospitato sulla rivista RollingStone. Già il titolo è tutto un programma. Come dire, so che qualcosa è brutto, ma ci si può convivere, non me ne frega minimamente di combatterlo; non mi rompete le palle". 
Questo “me ne frego” è lo zeitgeist del mondo occidentale attuale: giusto sbagliato, brutto bello, gli ideali, si vabbè non mi interessa, io devo pensà ai cazzi miei, stasera cannetta e poi mi bombo la morosa. 
Uno zeitgeist che poi fa a pugni con la citazione di Gramsci “Odio gli indifferenti”, stra-abusata proprio dai lettori affezionati di RollingStone, Vice e altri organi del sorosismo culturale, che con quella frasetta ci abbelliscono le bacheche social.

Poi vai nel dettaglio a leggere l’articolo, l’autore fa tutta una serie di premesse sul fatto che lui fin da ragazzino ha adorato il punk, si ascolta ancora i Sex Pistols….è così punk che infatti all’inizio dichiara di suonarsi ancora alla chitarra….Stairway to Heaven dei Led Zeppelin. Eh si gruppo proprio caposaldo del punk... 
Incompetenza confusionaria pura, insomma. Che ovviamente può esserti sempre spacciata per “approccio aperto di chi non si fossilizza su un genere solo”.
Ma il succo dell’articolo è un altro. Narra della vecchia prof d’inglese bacchettona, che si scandalizzava per il punk giudicandolo non-musica e gli consigliava di ascoltare, invece, artisti decrepiti, tutta tecnica, gli stessi che il punk si era prefisso di travolgere. 
Da qui l’autore trae la seguente conclusione: premesso che la trap “non mi piace”, dovete ammettere che la musica va avanti, il mondo va avanti, la trap è amata dai ggggiovani nella loro età ribelle contro i grandi. E quindi, tutti quelli che attaccano oggi la trap, richiamandosi anche al punk, si comportano come la sua prof d’inglese; bacchettoni vecchi che vogliono ostacolare la ventata di novità.

Bene, emesso il verdetto, una massa è stata subito pronta a renderlo suo e a farlo rispettare.
E’ o non è questa l’epoca in cui le opinioni, diventano “virali”, in cui basta che un organo “autorevole” dia il suo punto di vista per vedere, due secondi dopo, centinaia di persone ripeterlo all'unisono, a pappagallo, in un tripudio di condivisioni e di likes, senza che emergano dei distinguo?
Questo è quanto avvenuto tra i coetanei e tra i membri delle generazioni più giovani. 
Finora non ho visto nessuno proporre una critica, che sia tale, alla trap. Fanno quadrato tutti su questo ritornello:

“Pollo chi critica la trap perché parla di droga. ‘che non sapete che 99 volte su 100 il vostro artista preferito era un tossico?” (seguono esempi di fattanza in musica - Pink Floyd ecc.). Fine.

Più che il funerale della buona musica (che per fortuna non muore mai), andrebbe celebrato quello della logica.
Prima di tutto c’è un abisso tra l’”esaltare” qualcosa e limitarsi a “parlarne”. 
Possiamo parlare di qualsiasi cosa, richiamandolo in una conversazione, in un comizio, in un testo compositivo (narrativo, musicale e così via) in se. Ma ognuno di noi può associarvi una gamma indefinita di concetti e di interpretazioni. Metterlo in buona o cattiva luce in varie gradazioni. 
Nella trap non si “parla” semplicemente di qualcosa. Lo si esalta.
Ma il problema non è nemmeno quello. 
Anche l’esaltazione di una droga, nello specifico, può dar vita a un testo poetico, a un prodotto artistico pregevole.
Fior di poeti, musicisti, lo hanno fatto in passato, velatamente o apertamente.
Ma non in modo grezzo, superficiale, totale, irritante, perchè privo di una minima complessità, di ispirazione, di carica evocativa. 
La ciccia è tutta qui. La qualità, la fattura di un genere. 
Il fatto che, confrontato ad altri, sia o meno una merda. 
Per giunta studiata a tavolino dai produttori, dai manager, da quelli che reggono i cordoni della borsa di un giro d'affari milionario. Spazzatura gonfiata da tutti i canali di informazione e di intrattenimento.
Pensata e concepita solo per un mercato già appiattito perché i gusti dei consumatori sono stati involgariti.
Se i suoi esponenti fanno o meno menzione di cose o persone… è questione di lana caprina.

Il trapper e il reppettaro, oggi, non sa secernere dei testi che vadano molto oltre il “ohi, fra, oggi scopo, mi drogo, gioco a pes, io c’ho la figa e tu no - ho avuto un po' di disagio alle superiori, e ora vesto - citazione di marchi di moda random”.
Onestamente quale faccia di culo può venirmi a dire che i ragli di questi mocciosi viziati c’entrano qualcosa con i brani dei Pink Floyd o con altri lavori di gruppi musicali del passato che hanno un'attinenza con la droga?
Non è un fatto di droga.
Ma, di droga costosa, E, belle auto, vestiti firmati, oro, soldi, fama, sesso con tizie bone a caso.
“Esaltano” questa esatta sequenza di cose. Mitizzano il consumo fine a se stesso. E il disimpegno.
Inutile che si faccia gli gnorri, ponendo la questione in termini di “parlano di droga fanno bene/fanno male".

Il paragone col punk.
“La trap è il punk di oggi perché si ribbbellano, quindi muti”
Non mi risulta, grandi storici della musica, che i punk (’77, anarcho, hardcore, street, oi!, ska, crust ecc.) si siano mai ribellati esaltando l’attaccarsi ai capezzoli del consumismo succhiandone ogni merce per poi finire col dire “ohi fra come sto bene ma bene bene” “come sono figo” “io ho sfondato”
Non mi risulta che il 100% dei musicisti di gruppi punk fosse sotto contratto di major fin dalla culla come qualsiasi damerino trapper. Che di restare sotto contratto di una major fa per l’appunto la sua aspirazione PALESE. Come la puttana che è.

Crass, Flux of Pink Indians, Poison Girls, Rubella Ballet, Rudimentary Peni, The Mob, Uk Decay, Part 1, Franti, Kina, Negazione, Nerorgasmo, ma sti nomi li avete mai sentiti? 
Sapete che sono esistiti?
Partiti dal basso e rimasti volutamente in basso, senza farsi creare a tavolino o mettersi sulla tv a fare da madrine in spot pubblicitari?
Sapete che il punk si è evoluto, che sulle sue radici sono sbocciati una valanga di generi nuovi che ne hanno mantenuto lo spirito e sono sempre rimasti indenni dall'esigenza del "devi piacere a tanti"?
I Public Image Ltd, sapete che cosa sono? 
O il “punk” che conoscete è ancora fermo a Sid Vicious (velo pietoso)-Clash-Green Day?
Sapete che gli anarcho punk anche in Italia mettevano su centri autogestiti per diffondere musica e idee, facendo volantinaggio, stampando fanzine ciclostilate? 
E che lo hanno fatto per anni?
E questo popo’ di fenomeno storico avrebbe qualcosa in comune con, ad es., una faccia da cavallo che è passato dallo sfogo “l’Italia mi fa schifo, mi vergogno di essere italiano” al red carpet sanremese, tv pubblica italiana, portandoci una robetta che pare un jingle da pubblicità degli Oreo?
Mi si viene a dire che TUTTO il punk, quello che fu e quello che sopravvive oggi (sempre autofinanziato e snobbato), sarebbe assimilabile a questi provolini?

La sola similitudine azzeccata è con ben altro genere: “il vero ruock”.
Non è un caso, se i c.d. rockettari e metallari, gli stessi che 10 anni fa sproloquiavano su Nonciclopedia e sui forum musical per umiliare in 728 modi differenti i Dari, i Finley, i Tokio Hotel, con prediche sdegnate in difesa della “buona musica” (espressione riferita solo al rock classico e alle correnti conservatrici del metal, con esclusione categorica di tutto il resto), oggi siano I PRIMI a uscirsene con sta troiata del “nessuno tocchi la trap, oh, i pink floyd i queen e i led zeppelin erano i primi a fare uso di droga”.
Complimenti oh, ma che analisi complessa! Cervelloni, oltre che coerenti.

Una volta qualcuno ha scritto, con intelligenza allucinante, che la superiorità del punk rispetto all’hard rock sta nel fatto che il grido di battaglia del primo è “No!” mentre “Let’s go!” quello del secondo. 
Qui la chiave di volta di tutto.
L’hard rock sta dalla stessa parte della barricata di qualsiasi merda commerciale. Lo è sempre stato. Con i rovazzi e gli sferaebbasta si intende a meraviglia. A livello di contenuti. Soldi, sesso, successo, droga, costringimento degli altri ad assistere al proprio cazzeggio. Non contiene introspezione, sperimentazione, né messaggi sociali o politici. A parte quelli paraculi. Non ha il coraggio di rifiutare, di dire “no”. Perciò piace a tutti. A chi è ben integrato socialmente, in primis. 
Quando qualcuno è sfiorato dall’idea di alzare la voce contro il cancro odierno (tipo, la trap, i talent e altre cose da proibire per legge), i soloni hipsto-rockettari "millennials" intervengono. E fanno le loro analisi politicamente corrette del cazzo, come estintori sulla critica prima che avvampi. Dall’alto del loro “bisogna ascoltare un po’ di tutto” (altra idiozia dominante che merita di essere demolita a parte). 
Trovato il filo rosso che lega insieme "il vero ruock" e tutto ciò che oggi si spaccia per "manifestazione del disagio e della rabbia dei cciovani", ma è pop da classifica. Sono fenomeni interni al sistema da abbattere. Perché un "millennials" che vi aderisce non ha mai conosciuto l'angoscia interiore. Non gli va mai nulla storto. Non è mai ostracizzato dalla società. E soprattutto non dice mai "no". Si vende. Per una dose di fumo. Per due minuti di notorietà su Rai1.

Mo’ deve pure passare l’idea che se i mocciosi mafiosetti della “periferia” milanese piagnucolano in autotune lamentandosi di aver finito l’erba con cui svoltare le loro serate, o di non avere abbastanza boxer firmati di ricambio nel guardaroba per far bocccheggiare le loro fidanzate bonazze e stupide come la merda, stiamo assistendo a un “espressione del disagio interiore degli adolescenti di oggi”. A un nuova contestazione “punk”. E chi protesta è un prete bacchettone.
Ma provateci a dirmelo che vi piscio in testa.
Coglioni.

venerdì 15 giugno 2018

Antigentismo: forte con i "deboli"

L'antigentismo è direttamente correlato alla mancanza di educazione, di rispetto per le persone più grandi.
Sin dall'infanzia mi è stato trasmesso il rispetto e l'educazione per i più anziani, anche (ma non solo) perché depositari di saggezza, cosa che non ho tardato a verificare trascorrendo per anni forse più tempo a conversare con parenti grandi e anziani/e che non con i coetanei. 

L'antigentista invece è infastidito dall'attuale popolo italiano proprio perché si tratta di un popolo in larga parte anziano e proprio consapevolmente ne prende di mira i soggetti anziani, quelli rimasti alla terza media o alla quinta elementare loro malgrado perché non potevano continuare gli studi (figuriamoci informarsi di politica) e hanno dovuto lavorare sin dalla giovinezza; gli anziani e uomini di mezz'età che non si esprimono bene in italiano perché abituati a usare il dialetto; ecc. 

Questi sono i bersagli preferiti dell'antigentista, che così può gonfiare il petto e scimmiottare tutte le sue pose da sotuttoio, sentendosi un fikissimo professore di filosofia o astrofisica che in un immaginario dibattito tv "asfalta" tra gli applausi la vittima da lui individuata; vittima da lui vista (oltre che come un nemico "ideologico") come goffa, limitata di comprendonio, da deridere con toni urlati e sarcasmo dozzinale. In tutto ciò dimostra di non aver ricevuto dai genitori i principi basilari dell'educazione e della convivenza con gli altri. O se li ha ricevuti li ha dimenticati molto presto, bruciandosi il cervello con quintali di cannabis, con gli articoli di Butac e "Internazionale" e simili merdate. 
Perché altrimenti non darebbe con leggerezza degli "ignoranti", "fascisti", "evasori", "mafiosi" genericamente a tutti i suoi connazionali. Neanche su internet sapendo di essere al riparo dietro un monitor.

mercoledì 7 marzo 2018

Demofobia: non è rivoluzionaria

Immaginatevi se Lenin, o Fidel Castro, o qualsiasi altro rivoluzionario storico del movimento operaio e socialista avesse impiegato il proprio tempo, invece di fare proselitismo nella classe sfruttata della società, a insultare i proletari chiamandoli pecoroni, gente che vota male, analfabeti funzionali ecc.

Non si sarebbe avuto alcun movimento operaio né tantomeno rivoluzioni. Non sarebbe successo assolutamente nulla.

E il nulla (né rivoluzione né socialismo né presa del potere) è esattamente quello che è stato realizzato in Italia sia dalla c.d. sinistra (moderata, radicale, sempre quella è) sia da molti marxisti-antimperialisti-sovranisti-chipiùnehapiùnemetta, che si dicono avversari della sinistra ma sono simili ad essa per il medesimo atteggiamento nei confronti del Popolo italiano. Che è il seguente: votate male/non sapete niente, quindi che schifo con voi non trattiamo, trattiamo solo coi nostri simili

sabato 10 febbraio 2018

"E allora i crimini degli italiani?". Appunto: "Non bastavano già i nostri, di assassini?"

Secondo l'"antirazzista" medio, tutti gli italiani indignati per i crimini degli immigrati sono persone che tollerano, minimizzano o ignorano i crimini commessi dagli italiani. 

Per sostenere una tesi così vergognosa occorrerebbe tirare fuori delle prove. Prove circostanziate. 

E l'"antirazzista" medio non ne ha nessuna. 

Protestare contro l'immigrazione selvaggia in quanto portatrice - tra le altre cose - di un aumento spropositato degli episodi di violenza, degli omicidi e dei reati economici che avvengono in Italia non significa affatto girare la testa dall'altra parte quando reati analoghi vengono commessi da italiani. 

Al contrario, gli italiani contrari all'immigrazione sono ben coscienti, come ci tengono a sottolineare a viva voce, che un numero spropositato di crimini viene già perpetrato da altri italiani e che pertanto diventa impossibile assicurare sicurezza e giustizia se si è costretti a fronteggiare ANCHE i reati commessi da immigrati. 

Solo i semicolti, campioni di menzogne, possono sostenere che al "popolino" italiano non importi nulla dei crimini che avvengono per mano dei connazionali, o che sia addirittura intimamente colluso con i "maschi bianchi italici" che stuprano o massacrano. 

"Non bastavano già gli assassini di casa nostra, ora anche quelli degli altri paesi?". Questa è la frase che la gente semplice dice tutti i giorni. 

Ma i presunti antirazzisti la gente semplice non la ascoltano mai nemmeno per sbaglio. Ed allora mettono in bocca all'uomo della strada frasi che questo non pensa e non ha mai pronunciato. 

Intanto ad urlare "bastardo pezzo di merda" al tramviere di Milano che veniva arrestato per il brutale omicidio di una ragazzina si vedevano solo "italiani medi" doc. E non certo semicolti antirazzisti da centro sociale. Per intenderci, quelli che inorridivano quando qualche anno addietro si proponeva la castrazione chimica per i pedofili (italiani).

martedì 23 gennaio 2018

"Popolo di pecore" a chi?


Basta.
Basta con questa balla, iperballa, degli italiani “popolo di pecore” “popolo di coglioni che non si ribella”.
Quando la ripetevano a disco rotto i radical-chic abbonati a La Repubblica, era già insopportabile.
Ora però ci credono anche i cittadini comuni. Gli “italiani medi”. Bersagli, proprio loro, di chi quest’assurda teoria l’aveva concepita.
Svelando così quanto sia infondata e cretina.

Perché ormai ciascun italiano si sfoga e urla inferocito contro il “popolo di pecore”.
Ma se lo fanno tutti, vuol dire che nessuno più è pecora.

Questo luogo comune squallido continua ancora a spingere l’italiano ad autocolpevolizzarsi, a sentirsi il solo, tra milioni, a voler ribaltare lo stato delle cose.
Una diffidenza verso il prossimo che non gli permette di accorgersi che anche tantissimi altri desiderano reagire quanto lo vorrebbe lui.
Risultato? Un popolo che non sarà mai compatto e pronto a rivoltarsi. Un popolo diviso, atomizzato, prigioniero di ciò che pensa di se stesso.

O meglio, di ciò che altri gli hanno detto di pensare di se stesso.

Questi “altri” si chiamano gruppo editoriale Espresso-La Repubblica, Raitre, PCI-PDS-DS-PD, “sinistra radicale”, riviste e rivistozze varie "de sinistra", OCSE ed enti banditeschi internazionali “di valutazione”, con il loro braccio armato di intellettualari e giornalettisti esteri e nostrani.

Loro sono i responsabili di questa vera e propria demofobia che imperversa nel paese. Ma chi l’ha diffusa più di tutti?

I “rivoluzionari” italiani, di qualunque risma “sovranisti”, “antimperialisti”, “socialisti”, “sovietici”. Tutti brava gente per carità, ma in questi anni hanno contribuito a radicarla nel sentire comune la credenza del “popolo di vigliacchi”. 
Ripetendola continuamente, ossessivamente, attraverso i potenti mezzi di comunicazione via internet come blog e socialnetwork.

Risultato? In 10-15 anni di demofobia a mezzo internet, non solo non è cambiato niente e non è scoppiata alcuna rivoluzione, ma ora 60 milioni di persone, tutti i giorni, praticamente si fustigano tra di loro chiamandosi “pecora” gli uni con gli altri, invece di accorgersi che desiderano tutti la stessa cosa e che possono unirsi per un obiettivo comune.

Eppure, da anni, nella ristretta cerchia dei “rivoluzionari”, quel 4 o 5 % di persone meglio informate e consapevoli, c'è sempre lo stesso andazzo: chi non fa professione di fede verso la demofobia non è figo, non è ritenuto saggio, non è considerato. Chi vince le gare di insulti contro il popolo "rincoglionito, vigliacco, menefreghista" è seguito e stimato.

Ma il compito di rivoluzionario dovrebbe essere proprio quello di stare dalla parte della plebe, delle masse. Del popolo. 

E soprattutto di portare il popolo dalle sue idee, motivandolo e spingendolo a reagire contro chi lo opprime.

Se il popolo fosse già informato e pronto a fare la barricate, i rivoluzionari non avrebbero alcuna funzione. Non servirebbero a niente.

Quindi perché rimproverare il popolo perché “non è nato già imparato” e ribelle???
Renderlo tale è compito vostro. Di voi attivisti.
VOI attivisti dovete muovere il culo dalla sedia e andare dal popolo.

Pensate che il vostro scopo sia fare comunella solo con altri quattro gatti che la pensano tutti già come voi? 
Ed insultare tra voi il popolo italiano sottolineando quanto è vigliacco, inferiore ecc. ecc.? 
Allora fate i sociologi.
Gli statistici, i sondaggisti, gli addetti stampa, i pennivendoli, i lavacessi in qualche grande giornale o partito di potere.
O beccatevi ancora, meritatamente, lo 0.0000001 % alle elezioni.

Ma non fate più i “rivoluzionari”.
Non è proprio roba per voi.

Se avete belle idee ma disprezzate il popolo e lo spingete a disprezzarsi non siete rivoluzionari, men che meno attivisti o militanti di alcunché. 

Siete solo professorini paranoici. E arroganti. E pericolosi.

Discorso chiuso. 

Per ora.


Andrea Pària Russo

mercoledì 17 gennaio 2018

Avvertenze per le elezioni: attenti ai 20% che diventano 40!

Qualunque siano i risultati delle prossime politiche, si tenga a memoria che potrebbe accadere nuovamente quello che accadde solo 4 anni fa.

Dopo le elezioni europee, infatti, i supporters dell’allora governo Renzi, le opposizioni e soprattutto gli organi d'informazione di massa presero atto tutti insieme appassionamente che il PD aveva raggiunto "il 40%". 
E mentre i mezzibusti dei Telegiornali Raiset insieme ai Vespa-Mentana annunciavano questo dato a ogni minuto come dischi rotti, gli eterni “rivoluzionari” delusi da tastiera, i perenni pessimisti facebookari, proclamavano a ciclo continuo che "l'italiano" aveva così premiato chi lo bastonava, facendosi comprare “per 80 euro da Renzi”, meritandosi di essere bastonato. 

Ma il 40% di che cosa? Dei voti? E di chi? Voti degli "elettori”? Degli "italiani”? O "dei votanti"? Questo nemmeno gli stessi "delusi" dal voto se lo sono domandati, poiché, come sempre, anche sono stati influenzati dai mass-media, che non hanno mai fatto chiarezza in merito.
Basta un'omissione o una piccola ambiguità per provocare, come in questo caso, un condizionamento psicologico irresistibile. 

Il PD non è stato votato dal 40% degli italiani, ma dal 40% dei votanti. I votanti sono stati soltanto il 57,22 % (dato ufficiale dell'affluenza per le europee). Per sapere quanti italiani hanno realmente votato il partito di governo sul totale degli aventi diritto (compresi quindi anche gli astenuti) dobbiamo calcolare il 40% di 57%. Ne viene fuori…che soltanto il 22% degli aventi diritto al voto lo ha fatto. Quindi, ben il 78% degli italiani NON ha dato fiducia al partito del presidente del consiglio. La maggioranza. 

Così funziona oggi la nostra invidiabile liberaldemocrazia occidentale: un partito può formare un governicchio pur senza aver raccolto le simpatie dell’80% circa dei consensi dell’elettorato, e non solo, può farsi addirittura passare per “forza di maggioranza relativa” grazie a quei sicari definiti “stampa indipendente” che influenzano l’opinione pubblica a suon di balle e silenzi. 

Pertanto, assodato che l'80% degli elettori non aveva votato il PD (sommando gli astenuti a quelli che hanno espresso preferenza diversa) non è affatto vero che "gli italiani si sono venduti per 80 euro".

Con una campagna menzognera come quella sul presunto 40% di Renzi, le oligarchie finanziarie che lo hanno sostenuto sono riuscite a prendere due piccioni con una fava: 
- primo, legittimare dal nulla un governo in carica non eletto - trasformando magicamente una minoranza in maggioranza, per indurre i cittadini ad allinearsi ai vincitori;- secondo, portare fuori strada gli oppositori ai partiti di governo. Demoralizzandoli e, soprattutto, aizzandoli contro tutti gli altri italiani. Ed è stato facile; è bastato sfruttare il luogo comune più duro a morire tra gli attivisti "indignati": quello per cui gli italiani sono soltanto pecore stupide senza orgoglio e dignità.

Tenga conto di tutto ciò soprattutto chi intende, recandosi alle urne, scongiurare il ripetersi di un governicchio Renzi-loni/Genti-sconi, benedetto dall'ignavo Mattarella con inni alla gioia dei "mercati", dei Soros e del monopolio mediatico RaiLa-set-Corsera24Ore-Repubblica.
Un governicchio che i partiti di potere centro-destro-sinistri, una volta bastonati elettoralmente, cercheranno non solo di riproporre istituzionalmente
 (alchimie parlamentari) ma di presentare mediaticamente agli occhi dell'opinione pubblica come "voluto dalla maggioranza degli italiani".
E' quello che a loro preme di più. E per farlo non esiteranno appunto a trasformare i 10 o i 20% scarsi in "40%", andando a ripetere la balla in tutti i salotti mediatici che hanno a completa disposizione.

Pasquino

venerdì 10 novembre 2017

"Perchè la gente non denuncia?"

L'impegno civile secondo i programmi "d'inchiesta" tv e i talk show di grido della scuola di Michele Santoro e allievi dal 1992:

- un inviato va in un paesino o un quartiere periferico siciliano, campano o calabrese che si sa per certo essere completamente in mano alla criminalità organizzata in ogni suo cm quadro (con tanto di noti boss ivi residenti/latitanti e sicari che girano armati in ogni strada)

- l'inviato intervista pensionati di 80 anni seduti alla panchina della piazza, o commercianti di aringhe o di mutande di lana, domandando loro:
"ma scusi, ma lo sa che qui c'è la mafia? Sa che il noto Peppiniello Lubbabbà è mafioso?"

- al che, la incredibilmente INASPETTATA risposta che lì la mafia non c'è/non è mai esistita/Peppiniello è un brav'ommo, detta con tono evasivo

- insistenza dell'inviato: "perchè non denunciate? E perchè non denunciate?". Altra risposta evasiva o stizzita, solitamente seguita da reazione aggressiva degli intervistati che coprono la telecamera con le mani o aggrediscono il coraggioso cronista. Sottofondo musicale sulla falsariga di "Indagine su un Cittadino..." o comunque suonata con lo scacciapensieri.

- fine sfumata del servizio. Gli affezionati spettatori, puntualmente: "che schifo, che scandalo, l'omertà di questa gente che non denuncia, tutti complici, sono i primi criminali, ma tanto si sa, il popolo italiano è mafioso nel sangue, ha il governo che si merita".

Complimenti a tutte queste coscienze libere (pidiessine, vendolate, dipietriste, grillesche) per il loro record imbattuto. Non essersi mai accorti, in 25 anni di santorate televisive, che un abitante di una zona controllata da un clan malavitoso, conscio di essere ripreso in viso, ascoltato in mondovisione, messo su internet e visto dall'intero vicinato nel vicolo mentre lo stanno intervistando non potrà e non vorrà denunciare alcunché né ora né mai, neanche in caso di torti da lui subiti (pizzo, usura ecc.), per paura solitamente di essere fatto saltare in aria lui con tutta la sua famiglia (sentimento certo inspiegabile, per gli indignados che non l'hanno mai provato vivendo a Capalbio o a BariAlto).

Ci fosse stato UNO, UNO di questi campioni ad essersi mai alzato in piedi per far notare ad alta voce a tutti gli altri quanto sia facile fare il Don Ciotti quando non vengono a fare sparatorie e regolamenti di conti sotto casa tua un giorno si e uno no. E che sia un tantino eccessivo invocare lo sterminio fisico di qualche vecchietto che "non denuncia", invece di prendersela con forze dell'ordine, magistratura, burocrazia ed "istituzioni democratiche" la cui inerzia costituisce la regola, non l'eccezione.

Bravi. Siete veramente il cambiamento. Vi meritate un applauso. Però in faccia, forte, sempre più forte, fino a frantumarvi i connotati.