domenica 30 giugno 2013

I sindacati ai tempi della crisi

“Quando esso perde forza, diminuisce il potere dei sindacati di ottenere risultati. La concertazione produce disaffezione da parte dei lavoratori, che non si riconoscono in quel processo burocratico e tendono a distanziarsene, e questo significa che più i sindacati accettano la concertazione più diventano deboli e meno capaci di mobilitare i lavoratori, e di metter pressione sui governi”…  Commissione trilaterale USA, Europa Giappone 1975.
Ai tempi della crisi i sindacati sono disposti ad assicurare agli industriali un clima di pace sociale: basta accordarsi o concertarsi!
Come più volte preannunciato l’ultima acrobazia si è consumata con l’accordo, benedetto da Letta e dal governo delle “larghe intese loro”, nonchè ampiamente enfatizzato dai media , firmato tra i sindacati di regime e la Confindustria; accordo che rinforza la rappresentanza delle organizzazioni firmatarie svuotando definitivamente  di sostanza tutta la materia contenuta  nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).
L’inciucio antidemocratico ratifica il monopolio sindacale di Cgil, Cisl e Uil  riconoscendo come “rappresentativi” i sindacati che hanno almeno il 5% delle adesioni fra iscritti e voti per le elezioni delle RSU, discriminando i "sindacati di base", e solo se sono firmatari dell'accordo stesso; si precisa infatti che solo i firmatari saranno ammessi ai tavoli di trattativa a qualsiasi livello, blindando la rappresentanza a CGIL, UIL, CISL. Un po’ come se fosse permesso partecipare alle competizioni elettorali se si accetta preventivamente il Fiscal Compact o il rinforzo delle spese militari(!). Nella sostanza si tratta dell'applicazione, in materia di rappresentanza, dell'accordo del 28 giugno 2011 che a sua volta riprendeva quello separato del 2009 che tra le altre cose prevedeva i "patti in deroga", ossia la possibilità di modificare a favore delle esigenze aziendali quasi tutta la materia contenuta nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) .
Non finisce qui, per eliminare o meglio controllare e veicolare le lotte dei lavoratori più combattivi, l’intesa  stabilisce anche  la limitazione del diritto di sciopero. Difatti, quando l'accordo viene firmato ha "piena esigibilità", cioè tutti devono rispettarlo e s'impegnano a "non promuovere iniziative di contrasto agli accordi così definiti". In pratica nessuno potrà scioperare contro quanto deciso dai “sindacati-complici” e dalla imprese. Inoltre i contratti firmati "dovranno stabilire clausole e/o procedure di raffreddamento": cioè sanzioni per i lavoratori e organizzazioni sindacali “ribelli”.
Questo giro di vite sui diritti viene giustificato dalla crisi in cui versa l’Italia per cui si rendono necessarie profonde riforme strutturali, sia economiche che istituzionali, che liberino il paese dalle eccessive tutele sociali che impediscono la mobilità del lavoro e soprattutto confinano il Paese ai marginidell’economia
In quest’ottica si legge il dietro front di Landini che capitola alla nuova politica delle larghe intese ben rappresentata dal rinvigorito  Patto dei Produttori (ipocrita alleanza tra lavoratori e poteri economici), che si veste di smielata democrazia tramite la validazione della “consultazione certificata” dei lavoratori, cioè il voto a cui cioè verranno sottoposti gli stessi accordi (Conoscendo le modalità di votazione praticate nelle quasi totalità delle aziende, siamo al momento pressoché certi che raramente i lavoratori avranno l’occasione di “bocciare”). Insomma è l’ennesima stregoneria tramite la quale vengono  dati spazi e agibilità, oltre che risorse economiche, solo   ai sindacati firmatari , mentre viene impedita ogni forma di opposizione. La giubilante signora Camusso, finalmente rientrata nei ranghi liberando la CGIL dal peso della rosea opposizione,  ha parlato di fine della “lunga stagione delle divisioni” , ed ha ragione , nei regimi totalitari ogni divergenza  deve essere eliminata a partire dal fastidioso diritto allo sciopero. Sarà facile ora  con questo ennesimo infame accordo introdurre altre norme restrittive e imporre altri tagli ai salari tanto ai tavoli delle trattative saranno ammessi solo i sindacati complici – firmatari, definiti con uno stratagemma ingannevole la maggioranza semplice delle organizzazioni sindacali. Non dei Lavoratori! 

lunedì 24 giugno 2013

La sinistra delle Porsche


Il 12 giugno scorso Nichi Vendola si è recato a Nardò a visitare a un centro tecnico acquistato dalla Porsche, accolto da dirigenti e amministratori delegati, e ha fatto il tipico discorsetto di lodi indicando la casa automobilistica quale esempio di eccellenza, innovazione ecc. (come fa qualsiasi altro politico al cospetto di ogni grosso gruppo industriale).

Già è simbolica la "nota di colore" dell'episodio: il leader della sinistra avanzata e libertaria che è salito su una fuoriserie Porsche e l’ha guidata lungo il circuito, una metafora di come la cultura della sinistra italiana sia letteralmente radical chic, cioè coniuga strettamente il "radical" (reading letterari su poetesse e poetastri, dibattiti e salotti sui mali della società, marce della pace, fricchettonismo straccione da centro sociale leoncavallizzato) e lo "chic" (passerelle confindustriali, festival e appuntamenti patinati con vip di vario tipo, degustazioni di cibi raffinati e vini, possesso e ostentazione di simboli lussuosi).  Ma si può trarre una conclusione più importante: meglio diffidare di forze e personaggi che criticando la finanziarizzazione dell'economia vi contrappongono il capitalismo "produttivo" e "virtuoso" di multinazionali e grandi gruppi industriali, come se non fossero anche questi (al pari di quelli finanziari e bancari) i fautori di un unico assetto economico e di un modello di sviluppo non più sostenibile.

La cosa più grottesca, poi, è che mentre tutte le reali attività produttive nazionali si estinguono, si da la benedizione a un marchio multinazionale che oltretutto produce beni di lusso, cioè inutili status symbol consumisti inservibili ai fabbisogni fondamentali della collettività. 
Che razza di benefici può apportare al tessuto economico della Puglia e del paese, sul piano dell'impiego e delle esigenze produttive strategiche, uno stabilimento di stupide auto costosissime alla portata solo di pochi facoltosi e "maiali" vanagloriosi?

Pasquino

domenica 23 giugno 2013

Barattiamo la scuola!!!

Parabola discendente che non conosce sosta quella di   una delle istituzioni più democratiche e - almeno fino a un po' di tempo fa - più funzionanti del nostro Paese, la scuola e il processo di integrazione dei diversamente abili,  che arranca svilita tra tagli e poca considerazione. Dopo essere stata  modello di inclusione in tutto il mondo la glaciazione sociale  offre la possibilità alMinistero dell’Istruzione, non più pubblica, di annunciare la beffa del  potenziamento del sistema dei Bes(bisogni educativi speciali) in base alla direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012, con l’immissione in ruolo dei docenti di sostegno,  fornendo nel contempo indicazioni operative e gli strumenti d’intervento per gli alunni. 
Belle parole che contengono l’inganno  o meglio "il baratto delle immissioni in ruolo" con l’eliminazione di 11.000 cattedre , si passa infatti dagli attuali 101mila posti a i 90.000 tra organico di diritto e organico reale.   Il cinico meccanismo del taglio non si limita a colpire solo gli insegnati , ma brutalmente si abbatte sugli elementi più deboli (gli alunni diversamente abili) e sui  loro diritti; infatti i docenti di sostegno specializzati, vale a dire quelli che hanno seguito i corsi mirati a queste peculiari necessità didattiche, sarebbero assegnati esclusivamente agli alunni portatori di disabilità certificate come “gravi”, con il rischio che gli alunni con disabilità “lievi” verranno  affidati a docenti curriculari non specializzati che dovranno in ogni caso badare all’intera classe - pollaio. Anche la  legge attuale, che lascia l’ultima parola alla decisione dell’equipe medica, a quella psicopedagogica e in ultimo ai gruppi di lavoro scolastico (come Gliss e Glh), viene depotenziata , infatti che nell’ottica del risparmio gli organismi sanitari e psico-pedagogici dovranno solo certificare i casi evidentemente gravissimi lasciando fuori i ritardi medi forme di autismo  più ”leggere” ; chi opera nella  scuola conosce non solo l’imprevedibilità delle reazioni che possono esere argianter solo da competenze professionali , ma soprattutto come la mancanza di stimolo costante e di guida possa essere deleteria per lo sviluppo e l’autonomia di questi ragazzi. 
La scuola spezzata non garantisce oggi se non il volontariato di docenti,assistenti amministrativi e compagni volenterosi e solidali, e i genitori ne sono a conoscenza , sanno che è ormai consuetudine che al bambino non verrà assicurata l'assistenza al bagno, o che verrà chiesto loro esplicitamente di non far venire l'alunno perché nessuno potrebbe occuparsene! 
Cresce la preoccupazione e soprattutto il timore che possano prendere forma quelle terribili ipotesi delle scuole speciali, ipotesi quanto mai concretizzabile in questo clima di dissoluzione, come dimostra l’episodio di Palermo dove c’è stata la presentazione di una mozione per l’"istituzione di una scuola materna per bambini affetti da sindrome autistica" , per ora sventata come si è affrettato a dichiarare lo stresso Comune , ma che potrebbe rappresentare comunque una  pericolosa apertura verso la discriminazione, come già avviene con le prove INVALSI da cui sono esclusi i diversamente abili e solo per questo andrebbero boicottate da docenti, genitori e società speriamo non in-civile
 Crescere a fianco di un compagno con handicap significa imparare che la disabilità fa parte della vita, che è una cosa normale.

sabato 15 giugno 2013

Chiare, fresche, dolci acque...



La trasparenza obbligata sugli stipendi imposta dalla legge del’ex governo Monti ha avuto il “merito” di farci conoscere l’entità degli stipendi dei manager della SPA acquedotto Pugliese, controllata al 100% dalla Regione Puglia. Ne viene fuori che i dirigenti tra stipendi,premi di competenza più benefit (auto) riescono a percepire assegni annui di tutto rispetto, che veleggiano dai 159mila 678 del direttore generale ai 100mila dei vari direttori amministrativi.In buona sostanza i  32 manager di Aqp, tra paga base e premio di risultato costano alle casse della società 3,5 milioni di euro. 


Un quadro stridente non solo con la crisi, che devasta la gente comune, ma che sbeffeggia quanto promesso in merito a politiche economiche e ambientali usate come richiamo elettorale; alla fine i privilegi sono rimasti, la burocrazia elefantiaca non è stata sveltita minimamente , mettendo al palo i tanti progetti di depurazione, e tanto meno sono state messe in discussioni le responsabilità dei governi regionali. 
Come è ormai consuetudine  sul comune cittadino ricade il prezzo più alto non solo in termini di tariffe, praticamente raddoppiate, ma di cinico sfruttamento della buone fede delle persone soprattutto dopo la canzonatura del referendum che ha mantenuto l’acqua sotto il controllo delle amministrazioni locali con i prezzi in continua ascesa a causa della mancanza di soldi ….   Ma non ci sono solo gli stipendi elevati a farci riflettere,  anche altri dubbi avanzano sull’operato dell’ Aqp, vero monumento allo scandalo sin dai tempi dell’Enel, quando  metà del’acqua sottratta alla Basilicata a costo zero si perdeva a causa di una rete idrica colabrodo, sino all’inchiesta Dirty Water del maggio 2012. Quest’ultima ha, tra l'altro, messo in discussione il celebrato mare pugliese in particolare quello prospiciente la provincia Bat per via degli impianti di depurazione fortemente inquinanti,  tra cui quello di Molfetta, affidata all’Eurodepurazione s.p.a.e quello di Trani, il quale dopo una gestione a società privata è poi passata alla Pura Depurazione s.r.l..  Per questa vicenda  sono stati indagati anche il Dirigente del Servizio delle acque della Regione Puglia e, in via di identificazione, il rappresentante legale dell’Ato Puglia, i quali “pur a conoscenza delle condizioni precarie e gravemente critiche degli impianti hanno omesso ogni forma di controllo, né si sono avvalsi del potere di sollecitare la facoltà di revoca dei contratti di affidamento della conduzione degli impianti” (fonte  “Quotidiano 25 maggio 2012 “).
Le ultime notizie bomba riguardano le improvvise  dimissioni di Maselli, ex amministratore unico di Pugliasviluppo, successo il 15 novembre 2012 a Monteforte “licenziato” da Vendola per aver  espletato oltre 2000 gare per un importo di 1,5 miliardi di euro (Gazzetta del Mezzogiorno),  ma più che altro per aver stabilizzato il direttore generale dott.Bianco.
Il dott Maselli, che aveva il compito di mettere ordine tra gli scandali,i ritardi e la confusione imperante , si è concentrato in questi 7 mesi  su quello che si può definire il lato più  spinoso della questione acquedotto pugliese “i Depuratori”, gestiti dal 1 ottobre 2008 dalla società partecipata Pura Dep, che in questi anni si è avvalsa  di copiosi finanziamenti Regionali ed Europei, nonostante i quali   restano in piedi ancora le questioni relative agli 8 impianti che scaricano nel sottosuolo, che andrebbero spenti, e i sei casi di scarichi in mare. A questi dati si aggiungono quelli sulla percentuale di popolazione servita dal servizio di depurazione che in Puglia raggiunge il 60% facendoci precipitare al quartultimo posto e all’ultimo posto delle regioni del sud Italia. 
Se ne deduce che l’inquinamento dei nostri mari  non è solo stato prodotto dagli scarichi abusivi , ma anche dalle acque reflue non depurate con diretta responsabilità di chi ha l'onere di sorvegliare e gestire la rete di impianti. Un verminaio ancora inesploso che giustifica il retro front del dott. Maselli che,  in quanto Amministrazione Unico dell’Aqp, dopo essere stato già raggiunto da un avviso di garanzia per il depuratore di Gioia del Colle, potrebbe ritrovarsi a dover pagare per responsabilità non sue . Infatti, più della metà degli impianti  sono a rischio di non conformità con la legge. E questo, a parte le conseguenze sull’ambiente, comporta procedure di infrazione a Bruxelles e fascicoli penali. Senza parlare poi del danno di immagine della regione che avendo investito molto sul turismo si deve  confrontare con tatticismi e rimandi che ricadranno sul settore economico vacanziero.  A questo punto aspettiamo che Vendola, il quale  ha trattenuto per se' la delega alla tutela delle acque, si  attivi in prima persona e ci rassicuri anche in merito a sentenze civili e amministrative che hanno riconosciuto in favore di alcuni privati degli indennizzi da parte della Regione, proprio per la vicenda dei depuratori.
Adele Dentice

martedì 11 giugno 2013

L'hospitium Sancti Nicolai

L'hospitium Sancti Nicolai


Ospitava gratuitamente pellegrini  e i malati, quelli poveri, questo accadeva in una Bari “inospitale”  nel Medioevo, ora, dopo svariati secoli e da un centinaio di anni a destinazione  scuola, si trasforma piano piano in una parte del museo che accoglierà l’altare restaurato di San Nicola (oltre 200.000 euro donati da un signore russo!) . Al Fortino, il sindaco di Bari circondato dai noti volti  della elegante sinistra moderata cittadina, dall’immancabile codazzo della stampa ufficiale, assessori, amici e compiacenti oppositori ha aperto un dibattito sulla questione San Nicola ovviamente senza nessun cittadino comune barese, a cui sembra che dell’altare di San Nicola non importi nulla, ma si sa il cittadino barese per eccellenza  è tendenzialmente incolto e amante del buon cibo, quindi spesso rimane insensibile alle grandi manifestazioni culturali e all’ipotesi di un eventuale prestigioso museo nicolaiano al posto di una decadente, abbandonata e ricca di topi ( a detta del direttore del museo nicolaiano), oltre che inefficace, scuoletta di periferia nel centro della città storica (secondo Il sindaco). Ovviamente, le previste  timide rivalse di qualche maestra della Piccinni  accompagnate dai  soliti parolai di turno che col cuore in mano decantano la bontà e l’allegria e l’ingenuità dei bimbi barivecchiani, ormai specie rara e ricercata dal momento che gli originari o sono morti o stanno trascorrendo  vacanze obbligate in qualche casa circondariale oppure si sono dispersi nelle numerosissime periferie anonime di questa accogliente città. Promesse e garanzie di cultura, che è l’anima… del “commercio”, poiché la storia come la cultura ha valore se vi è una ricaduta in termini economici o di credenziali politiche, se no a che serve e sotto  la lente d’ingrandimento  e senza ironia riappaiono  le affermazioni del 22 novembre 2004, quando il neo eletto sindaco affermò durante il Consiglio Comunale che “bisognerà aprire spazia chi fa cultura e arte , valorizzando il patrimonio culturale locale nella sua storica molteplicità , valorizzando grandi complessi esistenti attraverso la regolare organizzazione in essi di iniziative culturali di primo rilievo “
Ingenuamente pensammo a contenitori come i teatri, sbagliammo poiché evidentemente ci si riferiva ad altri contenitori come appunto la scuola inservibile, con l’unica eccezione del più grande fallimento della politica degli ultimi anni il Petruzzelli e la sua Fondazione lirico-sinfonica, commissariata dopo l’addio del sindaco Michele Emiliano per lo scandalo assunzioni e buco di bilancio (2 milioni di euro di perdite nel 2011, poi 63mila euro di attivo nel preconsuntivo 2012), chepur di incassare soldi, ha aperto le porte a tutti, da Baglioni al Congresso nazionale degli avvocati. Certo se la vita culturale di una città si misura dai teatri e dalla conoscenza,noi baresi siamo messi proprio male! il  Margherita in stand-by per lo scontro tra Comune e Regione sul suo destino (un centro per l’arte per il primo, “solo” teatro per il secondo); il Kursaal Santa Lucia, dopo essere stato bloccato dal 2007 dal susseguirsi di  ricorsi ,  la Regione che l’ha preso sottocosto a poco più di 2 milioni (diritto di prelazione, ma 4,5 euro in meno dell’offerta di Stefano Zorzi). Poi c’è il teatro più antico prestigioso Piccinni chiuso per restauro fino al 2015, la casa editrice  Laterza che,  dopo  117 anni  di prestigiosa attività, ha dovuto  cedere l’ingresso principale della libreria,  aperto nel 1963 su via Sparano, il cuore della città, a Prada.  Senza poi parlare del declassamento operato dagli scandali universitari da “parentopoli” nella facoltà di Economia feudo delle famiglie Massari, Tatarano e Girone; ai test d’ingresso truccati a Medicina con 3 condanne e 33 patteggiamenti, sino alla docente di Scienze delle finanze e promotrice finanziaria che è scappata con quasi 20 milioni di euro in tasca e, per i pm baresi, li avrebbe raccolti tra clienti-risparmiatori per investirli su titoli falsi, ma queste sono altri fatti,  per fortuna c’è l’altare gigantesco di San Nicola a proteggerci un enorme mausoleo alto 4 metri e largo e lungo altrettanto, che non è un’opera di maquillage superficiale e distruttivo ma “un presupposto di equità sociale, una potenzialità di scambio culturale e di sviluppo economico”; già,… ma per chi?

lunedì 3 giugno 2013

una storia piccola,piccola di un Uomo sconosciuto

è una piccola storia che viene da non molto lontano questa, ma voglio raccontarvela lo stesso, perché a me piacciono le gesta degli Uomini e mi annoiano quelle degli ominicchi.
Questa è la storia di un impiegato di 48 anni della Veolia Eau di Avignone Francia, che dal 2006 non tagliava più l’acqua alle famiglie povere. Riteneva, questo Signore, che queste famiglie fossero svantaggiate economicamente e rifiutava «di mettere in opera l'interruzione della fornitura d'acqua», come ordinato dall'azienda in seguito alle bollette non saldate. Ritiene questo Signore che l’acqua sia un diritto inalienabile legato alla sopravvivenza e non può essere negato a nessuno nemmeno a chi si trova in situazione tanto svantaggiata. Questo dipendente un giorno ha deciso di non dipendere più da nessuno se non dalla propria coscienza , si è rifiutato di eseguire il compito impresso sul suo contratto di lavoro e ha cercato di negoziare il pagamento lì dove si poteva, ma questo non era previsto e tanto meno era prevista l’erogazione gratuita del preziosissimo liquido per la vita, non ha rispettato le regole della azienda ed è stato più volte ammonito. Se fossimo in un film americano, trasudante buoni sentimenti, la notte di Natale il gran capo vestito da Babbo Natale impietosito avrebbe regalato acqua corrente a tutti i morti di fame e di sete della città, nell’Italia neorealista, invece, i poveri cavalcando una scopa volerebbero verso il cielo, ma questo non è un film e questo Signore è stato licenziato per cattiva condotta il 4 aprile 2013, andando a rimpolpare il grosso esercito di poveri senz’acqua.
Grande uomo questo Signor impiegato di quelle rare persone che le idee le trasformano in azioni .. fino in fondo senza paura.
adel