domenica 30 novembre 2014

TFA: IL TOMBOLONE DI NATALE

A Bari, all’Ateneo di Bari, a Natale si gioca a tombola con i numeri e la fortuna, con i professori, o meglio aspiranti tali che si giocano i loro destini. Su sollecitazione di qualcuno abbiamo  assistito a queste nuove formule di non concorso speculativo, dato che alle Università entrano un bel po’ di quattrini, e la prima cosa che salta agli occhi è che ogni dipartimento per ogni classe di concorso si organizza a modo suo , chi a tempo, col cucù che manda via il candidato, il quale indugia troppo, tanto per rimettere a posto i propri pensieri, intanto tutti vengono sottoposti  al giochino   della scelta delle domandine  su foglietti piegati e “numerati” e d elaborate dagli esaminatori stessi, così nessuno può dirti nulla e la fortuna te la sei giocata da solo. Ma facciamo un passo indietro. Tempo fa  furono indetti i famosi quizzoni per il TFA (Tirocinio Formativo Attivo) naturalmente si dovevano sostenere delle tasse a favore …guarda caso ...delle Università ospitanti, le cui casse languono e vanno rifocillate con i soldi dei poveri aspiranti insegnati che veleggiano dai 30 ai 60anni. I malcapitati che hanno superato tale prima prova hanno dovuto sostenere  le altre prove strutturate dai docenti universitari attorno ai quali ruotano i vincitori di dottorati di ricerca che potrebbero essere risultati in una posizione di vantaggio“culturale” rispetto alla pletora di precari,  magari con decenni di insegnamento sulle spalle.  Alle perplessità ironiche dei candidati che intravedevano una possibile manipolazione del compito, magari una sbirciatina veloce al nome del candidato contenuto nella bustina piccola, fu “promesso” che nessuno ne avrebbe guardato il contenuto se non alla fine, e noi ci crediamo!
Così oltre i “bravi” per definizione…  qualcuno riesce a superare anche lo scritto e accede alla prove orali, o meglio allo spettacolo della confusione, dove ogni classe   di concorso viene strutturata secondo modalità autonome. Un’unica certezza: ai candidati si richiede la conoscenza dell’intero scibile umano! Tutto di tutto senza limiti.
Fermo restando la buona fede… però delle osservazioni vanno comunque fatte, come può un tirocinio formativo, che non è un concorso, ma ha una valenza nazionale polverizzarsi tra le varie università, facendo cadere il criterio dell’uguaglianza dei contenuti, a garanzia dei diritti dei candidati? Succede, quindi, che per una stessa  classe di concorso a Torino si adoperano certi criteri e sono rispettati i programmi ministeriali, mentre a Napoli il sistema cambia totalmente; senza dimenticare poi come certe università si sono macchiate di fenomeni di nepotismo e solo per questo andavano sanzionate ed eliminate dal sistema di valutazione.

A noi non resta che osservare  lo spettacolo triste degli Insegnati, quelli veri, segnati da procedure sulle attività di reclutamento che mortificano le legittime aspettative  di uno spazio lavorativo conquistato a suon di laurea (sempre più costosa) di corsi di aggiornamento  che lavorano da anni sbattuti nelle più profonde periferie del mondo umiliati dalle domandine altezzose di chi sicuramente non ha mai messo un piede a scuola che non conosce il  quotidiano, impegnativo, lento, disinteressato lavoro fatto di pratiche ed attenzioni personalizzate alla classe ed al singolo alunno. Ma loro, gli esaminatori,  sono i portatori della meritocrazia,   mirabolante “esempio etico”, responsabile della disoccupazione galoppante, del dumping sociale e della guerra tra poveri. 

Pasquina

martedì 18 novembre 2014

La faccia tosta degli illusi (da Grillo)

Quasi tutti i vari personaggi e movimenti che si stanno affrettando adesso a muovere critiche al movimento 5 Stelle, sono quelli che prima lo hanno sempre celebrato con un ottimismo irresponsabile ("lasciateli lavorare", "guardiamo e poi giudichiamo"), pur lanciando piccole frecciatine. Addirittura, qualcuno di questi si era lanciato in esplicite dichiarazioni di voto per Grillo in occasione delle politiche del 2013

Gli autori di questo blog avevano denunciato le contraddizioni teoriche e pratiche del M5S già un anno prima del suo ingresso in parlamento. Sconsigliando, va da se, di votarlo:

- "E ARRIVARONO LE CAVALLETTE" - maggio 2012

- "Il teatrino è già ricominciato" - dicembre 2012 (parte finale su Grillo)

- "LA PERNACCHIA E LA PROTESTA" - febbraio 2013, poco prima delle elezioni politiche

- "SE A QUALCUNO INTERESSA" - 28 febbraio 2013 (subito dopo le politiche)

Come si vede, critiche precise sui contenuti e sulle posizioni dirimenti. Economia, istruzione pubblica, politica estera, questione euro, parlamentarismo di palazzo. Chi degli antigrillini dell'ultima ora le aveva mai recepite? Pare nessuno. Si è sempre preferito spettegolare di sciocchezze: presunto fascismo del movimento, gaffes dei parlamentari, l'influenza di Casaleggio su Grillo, la loro vita privata, infiltrazioni massoniche, ecc. Tutte tiritere propalate dai telegiornali, dai salotti, o dai fashion bloggers. Ma irrilevanti per studiare, capire e affrontare il fenomeno.

Adesso, i pigri e i ritardari esclamano "io lo dicevo" "io lo sapevo". Gli stessi ciechi e sordi che invitavano a votare per Grillo comunque e dovunque. 
In una cosa però abbiamo sbagliato. Ci siamo fatti mettere in terza fila da gruppi ed esponenti "cerchiobottisti". Organizzazioni brave a criticare il M5S in privato o in piccole sedi, ma senza mai prendere una posizione netta e ufficiale in pubblico. Movimenti timorosi più di non irritare i possibili futuri alleati grillini che di ascoltare i loro stessi aderenti, (soprattutto quelli più smarriti e dubbiosi, ignorati soltanto perché magari pochi rispetto al totale degli iscritti).

Movimenti che hanno sempre impedito un dibattito sulla natura profonda del M5S, stroncando sul nascere ogni discussione sia interna (tra i propri iscritti) sia generale all'esterno. Non tollerando da propri aderenti che si diffondessero propri scritti di critica o addirittura, rimuovendoli dai propri siti web subito dopo averli pubblicati (chi scrive è stato personalmente vittima di quest'ultimo comportamento -  con uno degli articoli sopra linkati). 

Così, grazie a queste guide "illuminate", oggi altri furbetti si prendono i meriti della nostra lungimiranza - messa in ombra. 
Tuttavia noi siamo certi di essere sempre andati controcorrente, mantenendoci distanti dall'entusiasmo per il "nuovo" anche quando era giusto difenderlo dalla diffamazione mediatica. E perciò possiamo ancora ridimensionare i meriti dei grandi analisti da tastiera, bravi a dire cose giuste solo col senno di poi. 


Stavolta possiamo farlo con piena libertà, perché non faremo più parte di alcun movimento, gruppo o gruppettino "sovranista". La loro autonomia, qualcuno lo scrisse oramai due anni fa, è solo apparenza. E la loro azione concreta è inesistente - al di là delle solite parole ripetute in anni di articoli, comizi, riunioni, assemblee e discussioni a vuoto.

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A breve, le nostre considerazioni sul probabile sfacelo che la "falsa rivoluzione" 5 stelle rischia di lasciarci in eredità, ostacolando il percorso di chi vuole "rivoluzionare" il paese. E su come iniziare, in quel caso, a ripartire da zero.

domenica 9 novembre 2014

Primarie, Regionali e il vento del consenso



Prima di tutto la scelta del nome da presentare la prossima primavera alla guida della Regione. La solita, prevedibile lite tra l’ex sindaco che aggredisce i favoriti di Vendola, il decennale assessore regionale Minervini e il prescelto erede Stefano , per ovvie ragioni “istituzionali”, i quali non possono che difendere l’amministrazione del cofondatore della Sel dagli attacchi dell’ex sindaco di Bari.

I candidati sono bravi ormai nell'annusare, di qualunque fetore sia carico, il vento del consensi e farsi portare ovunque conduca e in questo l’ex sindaco di bari sa ben cavalcare il malcontento di molti elettori delusi dal Vendola, inoltre Emiliano è in grado anche di controllare il movimento 5 stelle valendosi della sua “forte” candidatura e della naturale tendenza del movimento a disperdere i voti.

Da questa sferruzzata di colpi la destra sembra Riprendere Colore, su spinta dell’ex ministro nonché ex governatore Fitto, con i vari candidati che a parer mio nulla potranno contro una sinistra che più volte ha mostrato di sapersi ricompattare al momento giusto dando un’immagine di sé tutt’altro che debole e lacerata, soprattutto con un candidato forte come Emiliano che, liberatosi definitivamente di ogni limite ideologico, in pieno stile renziano, afferma di non avere una idea “egoistica” della politica e manifesta disinvoltura non comune nella capacità di stringere alleanze con i pezzi del centro destra in disfacimento. Tralasciando programmi politici o quanto meno una pur velata o ipocrita attenzione ai bisogni delle neoplebi, che non sembra siano all’attenzione dei nuovi concorrenti, è evidente che date queste premesse non sembra ci siano alternative valide, una farsetta già precotta con un finale già noto, che seguiremo come si seguivano anni fa le telenovelas sud americane: stucchevoli e improponibili.

C’è poi un altro elemento di forza che garantirà senza intoppi lo spettacolo dei liberi scambi dei giochetti politici ed è l’astensionismo dei poveri, degli impoveriti, di coloro che vivono quotidianamente situazioni di marginalità e di difficoltà ormai così poco propensi a votare, a partecipare, a entusiasmarsi per contese politiche posticce, sapendo che, una volta incassato i voti, nessuno prenderà le loro parti e cercherà di migliorarne le condizioni di vita. Pur non avendone piena coscienza e pur non rivoltandosi come dovrebbero, i poveri, le neoplebi sanno che la politica liberaldemocratica e tutti i suoi attori sono al servizio di forze determinate e molto concrete, d’interessi di classe avversi a quelli della maggioranza della popolazione. Non si scappa, in assenza di una reale forza antagonista le politiche sono sempre quelle, non ha importanza chi vincerà nei ballottaggi o in quelle farsesche primarie, ciò che importa è che nonostante le astensioni il sistema tenga e le controversie manifestate a suon di annunci mediatici garantiscano comunque l’immobilità.

Adele Dentice

martedì 4 novembre 2014

Ci siamo rotti

Come si dice, ci siamo rotti. 

Ci siamo rotti ovviamente dell’andazzo in generale. Del non eletto Renzi, dei suoi continui show, della strategia mediatica che è in atto per rendercelo “simpatico”. Ma siamo stanchi soprattutto della finta “opposizione”. Quella parlamentare, ma anche quella che perde tempo sui social network. Lamentele vuote e frasi fatte: “non cambia niente”, “siamo in pochi”...
E una più di tutte: “il problema è che la gente non si ribella!”. La sentiamo ovunque, in piazza, nei negozi, sugli autobus, in fabbrica, in ufficio a scuola. La cosa assurda è che è proprio “la gente” a parlare male della gente; di se stessa! Davvero assurdo!

Cioè, ciascun cittadino (non ci riferiamo naturalmente a quelli privilegiati) se interpellato confessa di desiderare la stessa cosa: scendere in strada a lottare contro gli stessi nemici. Non lo facciamo soltanto perché proprio quella frase è indice di una mentalità che ci tiene divisi gli uni dagli altri, ci impedisce di avvicinarci, aggregarci in un’unica forza. Ci mette in una gabbia, che ci fa vedere solo la nostra voglia di cambiare le cose, ma non quella degli altri. In quanto crediamo che gli altri siano sempre più pigri e menefreghisti di noi. Mentre invece sono sfruttati, impoveriti e ingannati come noi, e vorrebbero ribellarsi esattamente come noi. Ma anche loro hanno una “gabbia personale” come quella nostra.

Oltretutto siamo persone, non superman. Andiamo al lavoro, studiamo, affrontiamo brutti momenti, litigi, dolori. Ci ammaliamo, vivendo in una realtà sempre più inquinata e mangiando cibo sempre più artificiale e avvelenato. 
Siamo sempre più poveri (tranne un 20% di privilegiati). E fare politica COSTA. Meglio pensare a come arrivare a fine mese. 
Ma soprattutto, siamo sfiduciati. Dopo decenni di bugie di politicanti (anche i cosiddetti diversi ed “estremisti”) che hanno svenduto il nostro futuro a banche e multinazionali, abbiamo diritto di non credere a nessuno per un bel po’. Ma se qualcuno ci facesse diventare protagonisti, ci facesse agire sulla scena in prima persona, tornando alla militanza di una volta, allora sarebbe diverso…

Andrea Russo

C’era una volta Arancia Meccanica...



...fu un qualcosa che turbò il sonno dei benpensanti, ma all’epoca venne considerato anche in questa città di bari, non certo tranquillissima, un incubo lontano. un incubo che nel 2014 sembra materializzarsi quotidianamente e trova poi la sua legittimazione con la nuova festa, introdotta dal mercato globale, di halloween in cui giovani teppistelli armati di spranghe e maschere orripilanti si aggirano per i quartieri terrorizzando i passanti, alla ricerca di qualcuno su cui scaricare la propria ferocia. 
I luoghi oscuri e pericolosi, dove si annida la violenza, sono tanti e il numero ridotto di volanti favorisce il diffondersi di questa nuova piaga, così capita che verso le 20,30 di sera in piazza Madonnella, mentre si rientra per la cena una squadraccia di minorenni armati di uova e caschi , con le spranghe nascoste negli zainetti, quelli che la mattino dovrebbero contenere i libri per la scuola, aggrediscono delle persone inermi, minacciando chi, magari mosso da pietà, prova ad intervenire. Quando hanno smesso di divertirsi sul selciato di fronte alla scuola non rimangono che tre corpi di persone ferite che solo il caso o la fortuna ha evitato loro un destino tragico. Sono solo le 20,30 e ancora la città ha negozi aperti e il via vai della gente che si prepara per le prime feste inverali sembra non accorgersi di ciò che sta avvenendo.
Questa è la città sicura promessa anni fa da vari sindaci, una città metropolitana, priva di teatri dove campeggia una magmatica gioventù dominata dalla cultura dell’edonismo e della discoteca, plasmata da videogiochi e internet ammalata da sindrome imitativa che si nutre di alcool e droghe varie e del perdono dei buonisti o fa scendere in campo i soliti benpensanti, i bacchettoni, gli amanti dell'ordine che attribuiscono il fenomeno a una incapacità congenita o a una mancata educazione dei giovani a operare "scelte mature e responsabili", insomma a una carente coscienza civicas.
Per me non c’è ragione, non si trova la sua ragione se non forse nella perdita di senso reale della vita, il frutto amaro della completa frantumazione dei valori e delle coscienze, dove l’altro è percepito come un elemento dei video giochi una figurina disumanizzata, è il risultato dell’omicidio della scuola pubblica, ormai incapace di fronteggiare il nuovo disagio, vittima della riforma ultracapitalistica, che dismette i saperi forti a favore dell'impresa, con il suo linguaggio economicistico e bancario per meglio rispettare una oligarchia transnazionale de territorializzata, il resto l’umanità e solo perdita di tempo.

Pasquina