domenica 25 gennaio 2015

Il tanfo della dolce dittatura

L’Italicum dimostra che la corrotta classe dominante non è più in grado di governare con i vecchi metodi della cosiddetta “democrazia rappresentativa” e deve perciò ricorrere a metodi autoritari, antidemocratici e repressivi, sopprimendo una a una le libertà e i diritti democratici conquistati in decenni di lotte.
Ormai è più che chiaro a tutti  il livello di degenerazione dei  liberal-riformisti del PD, che ormai rinnegano apertamente la stessa Costituzione ponendosi al servizio esclusivo dei monopoli.Berlusconi che torna ad essere politicamente determinante e viene riconosciuto come il “padre” della nuova Repubblica presidenziale e autoritaria. 

Come italiani non siamo nuovi a manipolazioni elettorali dal recente incostituzionale Porcellum all’ancor più similare    precedente storico della legge Acerbo, che attribuiva al listone di Mussolini un’enorme premio di maggioranza liquidando così i piccoli partiti, con l’Italicum ci troviamo in una situazione inquietantemente analoga con l’abnorme assegnazione del premio di maggioranza a cui si aggiungono i 100 collegi con capi lista bloccati ;in pratica si darà vita ad un Parlamento Di Nominati (sic!). Rottamato tutto ciò che rimaneva della ormai “vecchia” Costituzione ecco pronta una nuova , si fa per dire, forma dello Stato che,come la vecchia legge Acerbo, distorce completamente la volontà popolare, in nome di una maggioranza paurosa che divora le diversità e le differenze omologando le idee ad un unico imperante pensiero unico, come il mercato, la cultura (ahimè), la formazione.

Ma se  profumo della libertà si respira lì dove  le minoranze vengono protette, nei luoghi dove le decisioni della maggioranza, intesa come concatenazione di differenze,  vengono prese in seguito ad un processo di  un’agglutinazione delle diversità , per dare  la possibilità anche ai più piccoli  di partecipare lavorando con gli altri, con le nuove riforme sento sempre più intenso il pestifero tanfo di qualcosa di vecchio…

Pasquinella

mercoledì 7 gennaio 2015

Il Kamikaze

Matteo Renzi è un politico scaltro e navigato, nonostante la giovane età. Per questo non è minimamente credibile che la cosiddetta norma "Salva-Berlusconi" inserita da lui stesso (l’ha ammesso apertamente) all'interno del testo attuativo della delega fiscale approvato il 24 dicembre scorso, sia frutto di una disattenzione o dei pareri errati dei suoi consulenti. Si tratta di una norma che depenalizza di fatto il reato fiscale per il quale Berlusconi fu condannato nel processo Mediaset, permettendogli di rientrare in politica dalla porta principale. Quella di Renzi è una cinica e calcolata mossa di real politique, perché sa benissimo che senza l'appoggio del cavaliere, il suo governo rischia di andare gambe all'aria da un momento all'altro. Pensare che Renzi non sapesse di scatenare questo vespaio, inserendo la norma nel decreto, è alquanto ingenuo. Il non eletto Matteo è ben pagato per portare a termine un preciso piano economico-politico: quello di contribuire a mantenere in piedi la baracca europea, costi quel che costi, colpendo soprattutto la parte più disagiata della popolazione. È un kamikaze, il buon Matteo, perché, com’è successo a Monti, mette in conto anche il rischio della morte politica, che però è disposto a correre; personalmente non ha niente da temere, potendo contare, una volta decaduto dalla carica di presidente del consiglio, su una pensione e indennità molto alte. Sa benissimo, insomma, di essere una pedina sacrificabile nello scacchiere della difficile congiuntura economica dell'eurozona, come lo sapevano prima di lui Monti, la Fornero, Bersani, Letta e persino Silvio Berlusconi. 

Serpico

giovedì 1 gennaio 2015

Le apparenti novità della Buona Scuola

Negli ultimi 30 anni l’Italia è stata laboratorio di un esperimento che, purtroppo, ha dato esiti eccezionali. 
Scopo dell’esperimento era quello di trasformare un popolo che mostrava segni di consapevolezza e cultura medi preoccupanti in un popolo di idiotizzati, rammolliti e irresponsabili da poter essere facilmente assoggettato e “separato da ciò che è in suo potere” (Nietzsche) attraverso lo svilimento e il depotenziamento della formazione e della conoscenza.

Partendo dalla scuola punto centrale dell’attacco e dell’esperimento, da Jervolino a Berlinguer sino alle ultime apparenti novità dei nuovi governi dei non eletti i vari ministri e sottosegretari si sono mobilitati per demolire pezzo per pezzo l’unico strumento di rivoluzione sociale che ci garantiva la Costituzione. La categoria dei docenti si è fatta piegare dalle ingannevoli proteste dei sindacati che li hanno svenduti, si è fatta umiliare con il miraggio della modernità e del progresso senza considerare che i Paesi in cui gli studenti mostrano di avere le maggiori competenze (non valutabili con l’invasione dei quiz, tipo per esempio la capacità di comprensione e produzione di testi nella lingua madre o la capacità di applicazione in contesti reali delle conoscenze matematiche acquisite a scuola) sono quelli in cui il prestigio sociale degli insegnanti – e la loro motivazione e impegno – sono alti o altissimi.

Per chi ne avesse voglia vi offro una breve lettura del profilo generale della nuova scuola e ditemi se non vi riconoscete in tutto questo:
· la progressiva apertura dell'istituzione scolastica ai privati del territorio e al mercato; 
· il parallelo contenimento della spesa per l'istruzione; 
· l'affermazione di un modello decisionale e di gestione sempre più autoritario e centralizzato a livello di Istituto con la crescente chiusura degli spazi di confronto e discussione; 
· il progressivo impoverimento dei saperi, della formazione, del processo educativo nel suo complesso; 
· il crescente affermarsi dello sfruttamento negli stage e l'avvio dei giovani proletari ad un lavoro dequalificato e sotto-pagato; 
· la frammentazione dei lavoratori della scuola attraverso esternalizzazioni, precarietà e differenziazione nei canali di ingresso, meritocrazia; 
· la legittimazione delle scuole private come costitutive del sistema nazionale di formazione e istruzione, sostenendole; 
· la riduzione della funzione docente ad una mansione burocratica, incapsulata in logiche predeterminate; 
· la gestione disciplinare delle crescenti difficoltà sia degli alunni che dei lavoratori; 
· la repressione del dissenso, la diffusione del senso di scoramento ed impotenza nei lavoratori, la riduzione dei loro salari parallelamente all'aumento dei carichi di lavoro.

Pasquinella