martedì 23 gennaio 2018

"Popolo di pecore" a chi?


Basta.
Basta con questa balla, iperballa, degli italiani “popolo di pecore” “popolo di coglioni che non si ribella”.
Quando la ripetevano a disco rotto i radical-chic abbonati a La Repubblica, era già insopportabile.
Ora però ci credono anche i cittadini comuni. Gli “italiani medi”. Bersagli, proprio loro, di chi quest’assurda teoria l’aveva concepita.
Svelando così quanto sia infondata e cretina.

Perché ormai ciascun italiano si sfoga e urla inferocito contro il “popolo di pecore”.
Ma se lo fanno tutti, vuol dire che nessuno più è pecora.

Questo luogo comune squallido continua ancora a spingere l’italiano ad autocolpevolizzarsi, a sentirsi il solo, tra milioni, a voler ribaltare lo stato delle cose.
Una diffidenza verso il prossimo che non gli permette di accorgersi che anche tantissimi altri desiderano reagire quanto lo vorrebbe lui.
Risultato? Un popolo che non sarà mai compatto e pronto a rivoltarsi. Un popolo diviso, atomizzato, prigioniero di ciò che pensa di se stesso.

O meglio, di ciò che altri gli hanno detto di pensare di se stesso.

Questi “altri” si chiamano gruppo editoriale Espresso-La Repubblica, Raitre, PCI-PDS-DS-PD, “sinistra radicale”, riviste e rivistozze varie "de sinistra", OCSE ed enti banditeschi internazionali “di valutazione”, con il loro braccio armato di intellettualari e giornalettisti esteri e nostrani.

Loro sono i responsabili di questa vera e propria demofobia che imperversa nel paese. Ma chi l’ha diffusa più di tutti?

I “rivoluzionari” italiani, di qualunque risma “sovranisti”, “antimperialisti”, “socialisti”, “sovietici”. Tutti brava gente per carità, ma in questi anni hanno contribuito a radicarla nel sentire comune la credenza del “popolo di vigliacchi”. 
Ripetendola continuamente, ossessivamente, attraverso i potenti mezzi di comunicazione via internet come blog e socialnetwork.

Risultato? In 10-15 anni di demofobia a mezzo internet, non solo non è cambiato niente e non è scoppiata alcuna rivoluzione, ma ora 60 milioni di persone, tutti i giorni, praticamente si fustigano tra di loro chiamandosi “pecora” gli uni con gli altri, invece di accorgersi che desiderano tutti la stessa cosa e che possono unirsi per un obiettivo comune.

Eppure, da anni, nella ristretta cerchia dei “rivoluzionari”, quel 4 o 5 % di persone meglio informate e consapevoli, c'è sempre lo stesso andazzo: chi non fa professione di fede verso la demofobia non è figo, non è ritenuto saggio, non è considerato. Chi vince le gare di insulti contro il popolo "rincoglionito, vigliacco, menefreghista" è seguito e stimato.

Ma il compito di rivoluzionario dovrebbe essere proprio quello di stare dalla parte della plebe, delle masse. Del popolo. 

E soprattutto di portare il popolo dalle sue idee, motivandolo e spingendolo a reagire contro chi lo opprime.

Se il popolo fosse già informato e pronto a fare la barricate, i rivoluzionari non avrebbero alcuna funzione. Non servirebbero a niente.

Quindi perché rimproverare il popolo perché “non è nato già imparato” e ribelle???
Renderlo tale è compito vostro. Di voi attivisti.
VOI attivisti dovete muovere il culo dalla sedia e andare dal popolo.

Pensate che il vostro scopo sia fare comunella solo con altri quattro gatti che la pensano tutti già come voi? 
Ed insultare tra voi il popolo italiano sottolineando quanto è vigliacco, inferiore ecc. ecc.? 
Allora fate i sociologi.
Gli statistici, i sondaggisti, gli addetti stampa, i pennivendoli, i lavacessi in qualche grande giornale o partito di potere.
O beccatevi ancora, meritatamente, lo 0.0000001 % alle elezioni.

Ma non fate più i “rivoluzionari”.
Non è proprio roba per voi.

Se avete belle idee ma disprezzate il popolo e lo spingete a disprezzarsi non siete rivoluzionari, men che meno attivisti o militanti di alcunché. 

Siete solo professorini paranoici. E arroganti. E pericolosi.

Discorso chiuso. 

Per ora.


Andrea Pària Russo

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